
Immaginiamo di
trovarci di fronte ad una scacchiera. Riprendendo la
metafora del filosofo e consulente filosofico Ran
Lavah, dopo aver fatto una mossa, lo psicoterapeuta
probabilmente chiederà “Perché hai compiuto quella
mossa?” e tu che non sai dove vuole arrivare,
rispondi: “Beh, volevo mangiare la torre”. A questo
punto, molto probabilmente, lo psicoterapeuta
continuerà a porre domande per scoprire la presunta
causa psicologica della mossa guidato dalla certezza che
c’è sempre una spiegazione profonda a tutto, una
spiegazione al di là del semplice “volevo mangiare la
torre”.
E così, ci si può
trovare a raccontare l’intera vicenda della propria
vita per dare ragione alle supposizioni del terapeuta
fino a trovare che il desiderio di mangiare la torre
deriva da precedenti frustrazioni.
Lo psicanalista
invece, di fronte alla prima risposta, “Beh, volevo
mangiare la torre” potrebbe replicare qualcosa come :
“Molto interessante, e ora cosa ti ha indotto a
rispondere che è stato questo a indurti a fare quella
mossa?” e così fino a scavare nell’infanzia e a
scoprire che il desiderio di mangiare la torre deriva da
un’insicurezza repressa dovuta al fatto di essere
stato svezzato dal seno troppo presto.
E lo psichiatra?
Probabilmente aprirebbe l’ultima edizione del DSM alla
ricerca del disturbo di personalità che meglio descrive
i tuoi sintomi per poi prescrivere i farmaci più adatti
a cancellare il sintomo.
E la filosofia, che c’entra
con tutto questo? Ecco, il consulente filosofico
chiederebbe “Quale significato, scopo o valore ha
adesso per te questa mossa?”, quale effetto potrebbe
produrre sulla tua mossa successiva? Come giudicheresti
la tua situazione in questa partita e cosa pensi
potresti fare per migliorarla? Il filosofo non considera
la mossa solo come effetto di una causa precedente ma
come qualcosa di significativo nel contesto della
partita che si sta giocando.
Il percorso di
autoconoscenza che la psicoterapia promuove, è
fondamentale ma ad un certo punto, occorre smettere di
scavare e iniziare a vivere.
Spiega Lou
Marinoff, “Se si continua a scavare nella terra,
alla ricerca delle radici, neppure la pianta più
robusta riuscirà mai a prosperare per quante cure le
dedichi”. La vita non è una malattia, e il passato
non si può cambiare ed è da questa consapevolezza che
prende le mosse la consulenza filosofica il cui
obiettivo è aiutare le persone a sviluppare modi
produttivi per considerare il mondo e affrontare la vita
giorno per giorno.
Per farlo, il
consulente filosofico si serve del dialogo,
quello strumento di analisi e conoscenza che i filosofi
hanno utilizzato fin dalla notte dei tempi, alla stregua
di uno scalpello per arrivare al cuore delle cose.
Attraverso il
dialogo,
il problema viene scisso nelle sue
componenti e implicazioni, concentrandosi sul qui e ora.
Il soggetto viene aiutato ad individuare le proprie
credenze e si cerca di capire se le siano in consonanza
con le azioni. E’ qui infatti che spesso ci sono le
incongruenze, e i problemi. Quando il piano delle
credenze e quello delle azioni non procedono in maniera
armonica, nascono i problemi. E arrivano i momenti di
crisi.
Come questo che
stiamo vivendo.
Dilemmi morali, confitti etico professionali,
ansia correlata a cambiamenti professionali e all’incapacità
di raggiungere propri obiettivi. La consulenza
filosofica interviene in tutto questo. Crisi deriva dal greco
“krino”, che significa “separare”, e rappresenta
il crinale da percorrere per passare da una maniera di
essere ad un'altra, diversa. Un momento ottimale dunque
per mettere a fuoco dove si è, dove si vuole andare e
come.