LA
RESILIENZA PER BATTERE LA CRISI
Arianna
Tomassini

In
generale, le persone resilienti hanno un gran senso
dell’impegno, una forte sensazione di riuscire a
controllare gli eventi, riescono a superare al meglio i
cambiamenti della vita avendo la capacità di interpretare
qualsiasi evento particolarmente stressante e doloroso
come una prova certa della loro esistenza; dimostrano di
essere particolarmente competenti nel prevedere le
possibili conseguenze di una situazione, evitando così
quelle che potenzialmente potrebbero rivelarsi negative,
gestiscono e riconoscono al meglio le proprie emozioni e
discriminano e condividono quelle degli altri utilizzano,
infine, il pensiero critico e creativo. La resilienza,
nascendo come costrutto multifattoriale, si forma su tre
componenti principali: impegno, controllo e sfida.Il
processo di resilienza a livello individuale è facilitato
da due fattori che interagiscono tra loro. Il primo che
consideriamo è quello della memoria poiché un individuo
che tende a banalizzare o rimuovere ciò che di negativo
ha subito, difficilmente riuscirà in un processo di
ripresa; è riconoscendo la propria sofferenza che inizia
il primo passo verso la ricostruzione. Il secondo fattore,
invece, si riferisce al processo di condivisione infatti
per un’ottima ripresa è opportuno condividere le
proprie difficoltà e iniziare il processo di rinnovamento
successivamente.Per quanto riguarda, invece le risorse
socio ambientali, si concede un enorme valore adattivo
alla rete sociale e al sostegno sociale. La resilienza
infatti risulta essere strettamente connessa alla qualità
del rapporto che l’individuo ha con il gruppo di
appartenenza e con la società. Nel rapporto con gli
altri, il riconoscimento e la validazione sociale della
sofferenza sono fattori socioculturali di fondamentale
importanza nel processo di resilienza; il senso di
appartenenza rivela il ruolo protettivo
dell’identificazione con il proprio gruppo, sia in
termini reali che tramite le narrative personali. Il senso
di comunità e la costruzione di narrative collettive
riguardo l’evento potenzialmente traumatico, sono
fondamentali per la formazione di questa dimensione.Ad
ogni modo, tutti gli studi, sono concordi nell’affermare
che la resilienza si attua grazie all’interazione
dell’individuo con il suo ambiente di vita, in un
influenzarsi reciproco di fattori di rischio e fattori di
protezione.Il concetto di fattore di rischio implica la
probabilità attesa di un cattivo adattamento, tra questi,
che si snodano a diversi livelli, riscontriamo:
-
a livello dell’individuo (bassa autostima,
difficoltà a stabilire e mantenere relazioni
interpersonali positive, scarso attaccamento alle figure
parentali, alto livello di rabbia e aggressività,
aspettative inadeguate relativamente a se stesso o agli
altri, malattie mentali, comportamenti distruttivi,
iperattività, uso di sostanze psicoattive isolamento
sociale e insuccesso scolastico);
-
a livello familiare (forti dissidi
familiari, assenza di uno dei due genitori, abusi,
presenza di alcolismo comportamenti antisociali, povertà).
-
a livello della comunità (povertà, forte
mobilità, alta densità urbana).
Trattando
invece di fattori di protezione, ci riferiamo a quei
fattori che mirano a contrastare gli effetti negativi
delle circostanze di vita avverse, favorendo un
adattamento positivo e potenziando quindi la resilienza.
Si considerano come l’esatto opposto dei fattori di
rischio; essi sono:
-
a livello dell’individuo (temperamento
aperto alle relazioni sociali, buona intelligenza,
autonomia, capacità di risolvere i problemi, capacità di
porsi obiettivi e di saperli realizzare);
-
a livello familiare (coesione, sostegno
affettivo, coinvolgimento in attività pro sociali e
consapevolezza del loro valore, intesa fra i genitori per
un mutuo aiuto, legame profondo con i figli durante
l’infanzia, sostegno da parte della famiglia allargata e
dalle persone amiche);
-
a livello della comunità (coinvolgimento
del gruppo dei pari in attività di solidarietà nei
confronti della scuola e della comunità, iniziative per
favorire la coesione sociale, la solidarietà e la
partecipazione, interventi mirati alla promozione del
benessere nei giovani).
Emerge,
concludendo, che la resilienza non si forma grazie
all’uso di specifiche tecniche o strumenti, ma piuttosto
si sviluppa in relazione ad un contesto e a situazioni
specifiche. Una capacità di resilienza permanente o
transitoria è presente in ciascuno di noi, ma
non esiste, comunque, un periodo di invulnerabilità
costante. Le risorse che abbiamo ed il loro buon
funzionamento dipenderanno dalla nostra capacità di
saperle riconoscere e sviluppare, sulla base della fase
esistenziale che stiamo attraversando e dell’ambiente
che ci circonda.
Per
approfondimenti contatta la Dottoressa in Psicologia
Arianna Tomassini.
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