Crisi
e affido condiviso: legittima la revoca se la discordia tra i
genitori è dannosa per il minore
a
cura dell’ Avv. Rosanna Bisceglie
In
tema di separazione personale quando la conflittualità e
l’assenza di comunicazione tra i genitori comporta pressioni
e tensioni nocive sul figlio minore è giustificata la revoca
dell’affidamento condiviso.
Così
si è pronunciata la Corte di Cassazione con la sentenza n.
5108/2012 laddove – respingendo il ricorso di un padre
separato – ha affermato il principio secondo il quale in
materia di separazione personale la regola prioritaria
dell’affidamento condiviso dei figli ad entrambi i genitori
è derogabile - ai sensi dell’art. 155 bis, primo comma,
cod. civ. - solo ove la sua
applicazione risulti contraria
all’interesse del minore, interesse che
costituisce l’esclusivo criterio di
valutazione in rapporto alle diverse e
specifiche connotazioni delle singole
vicende familiari approdate in sede giudiziaria.
Ed
invero la mera conflittualità esistente
tra i coniugi, che spesso connota i procedimenti di
separazione tra i coniugi, non preclude la misura
preferenziale dell’affidamento condiviso solo se si mantenga
nei limiti di un tollerabile disagio
per la prole.
Nell’ipotesi,
invece,
in cui il dissidio tra i genitori si traduce, in forme atte
ad alterare e a porre in serio pericolo l’equilibrio e lo
sviluppo psicofisico dei figli, tali da pregiudicare il
loro superiore interesse, l’affido condiviso non potrà
essere applicato.
Ebbene,
nella vicenda familiare oggetto della sentenza, i due genitori
non comunicavano tra di loro e «decidevano autonomamente
le attività della figlia, costretta a fare due turni a
scuola, due diverse attività sportive e persino due diete
alimentari». Detta situazione ovviamente, come accertato
dalla Ctu, era vissuta «molto male dalla minore in quanto
fonte di confusione e di alterazione della sua condizione
psicologica».
Il
Tribunale di Roma che aveva stabilito l’affidamento
condiviso, viste le risultanze della Ctu, – in sede
modifica delle condizioni della separazione personale delle
parti – aveva così disposto l’affidamento in via
esclusiva alla madre, attribuendole anche l’esercizio
esclusivo della potestà genitoriale e regolando il
diritto del padre di frequentazione della bambina.
Vano
è risultato il successivo ricorso in appello del padre
finalizzato a sostenere che l’affidamento esclusivo alla
madre avrebbe dato veste di legittimità a «immancabili
atti di prevaricazione del genitore affidatario legittimato
all’esercizio esclusivo della potesta genitoriale»,
Per
la Corte di Cassazione i giudici d’appello hanno
legittimamente rilevato che «dall’espletata
istruttoria, e segnatamente dall’esito
della CTU, era emerso che
l’affidamento condiviso si era dimostrato nocivo alla minore
e possibile fonte di future patologie per la stessa, in
quanto generante ansia, confusione e tensione, e dunque,
irreprensibilmente concluso per la sussistenza
di condizioni pregiudizievoli al suo
interesse, atte a legittimare I’avversata decisione,
chiarendo anche le ragioni, rimaste incontestate, per
l’affidamento della figlia alla madre».
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